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Badante per malati terminali

Molte famiglie scelgono di assistere a domicilio i propri cari malati terminali, spesso oncologici. Il Sistema Sanitario Nazionale ha attivato per questo un sistema di cure domiciliare, attraverso servizi di cure palliative.

Tuttavia la sola assistenza sanitaria non basta, spesso le famiglie hanno bisogno di una badante per supportarli nell’assistenza quotidiana di un malate terminale.

Come trovarle? Scopriamolo insieme in questo 25° capitolo del Manuale per Famiglie Badante Zero Pensieri.

 

La malattia oncologica terminale a domicilio

Per quanto la medicina oncologica in questi ultimi anni abbia fatto passi da gigante, riducendo la mortalità delle neoplasie, ancora oggi i decessi sono oltre 180.000 all’anno.

Esistono diverse strutture che accolgono i malati nelle ultime fasi della loro vita, tuttavia molte famiglie scelgono di accompagnare i propri cari a domicilio.

Per tutti questi casi a livello nazionale sono attivi dei Livelli Essenziali di Assistenza che in questo caso specifico le cure sono erogate dalle Unità di Cure Palliative (UCP) domiciliari, in grado di fornire tutte le cure sanitarie necessarie per garantire la migliore qualità di vita per l’ammalato e i suoi familiari in questa delicata fase.

In particolare le prestazioni sono principalmente di tipo medico e infermieristico, viene inoltre garantito un supporto psicologico, fornitura di farmaci e dispositivi medici e, se necessario, preparati per la nutrizione artificiale.

Tale servizio è accessibile tramite il medico di medicina generale (medico di famiglia, medici specialistici ospedalieri, ASL di riferimento o associazioni specializzate.

 

Quando le cure palliative non bastano

Per quanto essenziale questo tipo di supporto, per la famiglia, o comunque il caregiver di riferimento, può non bastare. 

Il tempo di accesso a domicilio di queste figure è limitato, e non copre certo tutta la giornata. Si rende tuttavia necessario in molti casi una presenza costante, che garantisca sorveglianza e sicurezza all’ammalato.

Una figura che sia in grado di avere un dialogo attivo con la famiglia, aggiornandola della situazione, soprattutto in caso di emergenze, e sia in grado di interagire con il servizio di cure palliative.

In molti casi sono gli stessi operatori delle Cure Palliative a suggerire alla famiglia l’inserimento di una badante, magari convivente, per garantire una copertura più continuativa.

 

Quale badante cercare?

Partiamo dal presupposto che, anche contrattualmente, la badante è da considerarsi personale non formato per definizione.

Sicuramente nell’assistenza oraria si possono trovare persone che hanno svolto anche percorsi formativi, come ASA e OSS, che sono più preparate per gestire queste patologie. Si parla in questo caso di assistenti familiari e se sono ASA o OSS andrebbero assunte con il livello specifico (vedi la distinzione dei livelli contrattuali). Nel caso della badante convivente invece, in quasi la totalità dei casi, si trova personale che ha imparato il lavoro facendolo.

La badante con esperienza nell’assistenza a malati terminali può esserci, perché magari ha frequentato qualche corso specifico, ma di badanti che realmente partecipano a queste attività sono veramente poche.

Va anche detto che molte badanti conviventi temono l’assistenza a persone con questa patologia, perché la complessità dell’assistenza chiede una grande responsabilità.

 

Esiste allora la badante per malati terminali?

La risposta è sia sì che no.

Come detto in precedenza possono esserci persone formate, che svolgono assistenza oraria e che hanno anche un compenso di un certo livello.

Possono esserci badanti che hanno avuto un’esperienza simile e che accettano di fare assistenza a persone con una diagnosi terminale.

Nella maggior parte dei casi tuttavia il ruolo determinante lo ha la famiglia, sia nella fase di inserimento e quindi di istruzione al caso specifico, sia nel percorso che ne seguirà.

I servizi di Cure Palliative possono sicuramente svolgere un ruolo importante nella formazione specifica della badante. Anche se va sempre tenuto a mente che la badante non può mai in nessun caso svolgere prestazioni sanitarie, nemmeno la “banale” iniezione.

E’ importante investire del tempo per aiutare la badante a capire affiancare la famiglia e gli operatori specializzati nell’assistenza.

 

Se la badante non riesce a ingranare? 

Ci sono badanti che fanno fatica e non riescono a rimanere a lavorare presso la vostra famiglia, è umano. Del resto loro non sono familiari, ma persone che lavorano. Il limite di sopportazione è decisamente più basso e l’impatto emotivo che porta con sé questo tipo di assistenza, specie su persone giovani, è molto alto.

Se non va bene si cambia, consapevoli che c’è da lavorare ancora per inserire la prossima e che ci vorrà del tempo magari perché il malato accetti il cambio.

Datevi del tempo, una settimana o due, fate delle prove.

Rimani focalizzato sulla scelta di essere aiutato, sapendo che anche se all’inizio può essere faticoso, alla lunga vi darà sollievo e vi aiuterà a vivere la malattia con un po’ più di serenità.

Se per noi di FamKare l’inserimento di qualunque badante deve essere considerato come l’inserimento di un bambino al nido, quindi con tanta gradualità, a maggior ragione vale quando in casa vi è una persona con questa patologia.

 

Siamo consapevoli che è difficile, infatti noi diciamo che fare il datore di lavoro è un lavoro!

Ecco perché abbiamo ideato la figura del Family Coach, un professionista in grado di accompagnare le famiglie anche in queste fasi così delicate come l’inserimento di una badante per persone affette da SLA.

Se pensi di non farcela da solo, vieni a scoprire come puoi gestire la badante in tutta tranquillità con FamKare e il metodo BadanteZeroPensieri.

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