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La colf in nero si registra mentre lavora. Vale come prova? La Cassazione dice sì!

Il lavoro domestico è una sacca dove prevale una elevata irregolarità. Nell’infinita attesa che il Governo prenda una decisa posizione in merito (sono 3 i miliardi di contributi evasi tutti gli anni, senza parlare delle tasse non versate dal personale domestico), ci pensa la Corte di Cassazione. Che nei giorni scorsi ha rimandato al mittente il ricorso di una famiglia contro una collaboratrice domestica, che aveva filmato la propria attività lavorativa, per ottenere i benefici previsti dal contratto. Di fatto facendo giurisprudenza sul lavoro domestico.

Facciamo un esempio …

Hai un lavoratore domestico in nero? Immagina che la tua collaboratrice domestica, che viene da te due volte a settimana e che paghi a giornata, senza un’effettiva assunzione, porti con sé un registratore o una piccola telecamera, basta uno smartphone. L’apparecchio filma la sua attività per dimostrare l’esistenza del rapporto lavorativo. Nella registrazione finiscono non solo i mobili di casa tua, ma anche tu stesso quando le dai le direttive. Una prova di questo tipo potrebbe essere usata contro di te in un eventuale processo? La risposta è sì.

La sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione ha istituito una precisa deroga al principio del consenso per registrazioni e filmati (sentenza 46158 del 13.11.2019). Secondo i giudici, è possibile usare registratori e telecamere anche in casa altrui a condizione che non vengano filmante scene di vita privata e che colui che agisce sia presente in quel momento. Sono, pertanto, lecite le riprese in casa effettuate da una persona che si limita a filmare l’abitazione e gli arredi e non scene di vita privata.

Il punto sulle riprese in ambito domestico

Cogliamo questa occasione per approfondire l’aspetto delle riprese domestiche … il proprietario di casa non può nascondere, nel proprio appartamento, una telecamera per filmare o registrare ciò che dicono o fanno i conviventi o gli ospiti se lui, in quel momento, si assenta. Questo principio era stato già sottolineato in passato dalla Cassazione che ha chiarito:
«integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che, mediante l’uso di strumenti di captazione visiva o sonora, all’interno della propria dimora, carpisca immagini o notizie attinenti alla vita privata di altri soggetti che vi si trovino, siano essi stabili conviventi o ospiti occasionali, senza esservi in alcun modo partecipe; ne consegue che detto reato non è configurabile allorché l’autore della condotta condivida con i medesimi soggetti e con il loro consenso l’atto della vita privata oggetto di captazione»,
ossia si trova insieme a loro al momento in cui la telecamera è su “on”. La collaboratrice domestica è autorizzata a stare nella casa ove svolge l’attività lavorativa; per cui, se le immagini da questa filmate riguardano gli ambienti interni e i mobili e non riprendono, invece, scene di vita privata, non c’è alcun reato.

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