Deduzione fiscale: una risposta al lavoro domestico in nero

Sono 3 i miliardi di euro che ogni anno lo Stato perde a causa del lavoro domestico in nero.

E’ quanto emerge dal rapporto “Lavoro Domestico irregolare: quanto ci perde lo Stato” di Assindatcolf, presentato alla Camera dei Deputati, lo scorso 7 dicembre 2018, che trova conferma nei controlli dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Il 60% dei lavoratori domestici è privo di un regolare contratto di assunzione. In tutto sono 1,2 milioni i lavoratori completamente sconosciuti al Fisco, che generano 600 milioni di euro di Irpef non incassata e 1,8 miliardi di contributi previdenziali non versati. A questi si aggiungono i lavoratori che non presentano la dichiarazione dei redditi e chi dichiara meno ore lavorative di quelle effettive. Il tutto si traduce in 3,1 miliardi di gettito non incassato dallo Stato.

La dimensione economica del lavoro domestico è una quota importante del PIL: l’1,25 %. Per un giro di affari di 19,1 miliardi di euro di cui il 54 % non emerge.

Esiste un problema di sostenibilità dell’assistenza

La sostenibilità dei costi dell’assistenza domiciliare è uno dei temi più caldi in questo settore, soprattutto a fronte di una sostanziale retrocessione dei servizi di welfare locale, dove alcuni servizi sono venuti meno e altri sono stati resi a pagamento.

È per questo che una delle proposte avanzate al Governo dalle associazioni dei datori di lavoro domestico è quella di estendere la deducibilità anche al compenso e non solo ai contributi del personale domestico.

«Invertire la rotta diventa oggi fondamentale», dichiara Renzo Gardella, presidente Assindatcolf. «È importante per aiutare le famiglie costrette a evadere per necessità, ma anche per mettere a sistema un settore che, in una società che tende sempre più all’invecchiamento e non incentiva alla natalità, può rappresentare un vero e proprio motore sociale ed economico».

Il consiglio del Family Coach

Il lavoro nero genera due grandi problemi:

  1. situazione di ricattabilità in cui ci si pone nei confronti del lavoratore, la domanda che rimane sottostante è “E se poi mi fa causa?”, con tutte le implicazioni psicologiche del caso,
  2. assenza di regole nella gestione del rapporto famiglia-lavoratore, su quali diritti e doveri ci si rivale in assenza di contratto?

Va infine considerato che un lavoratore in nero oggi è un povero di domani, una persona che sarà priva di ogni protezione sociale e sarà un ulteriore costo per la società e quindi per ogni singolo cittadino.

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