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Chi sono realmente le badanti oggi?

Intervista Francesca Pozzoli, curatrice della ricerca “Badanti dopo la pandemia”

Spesso nell’immaginario collettivo la badante assume i tratti di un essere mitologico. 

Non avere chiaro chi sono le badanti e cosa ci si può aspettare realisticamente da loro è uno degli elementi alla base dell’insuccesso dell’assistenza a domicilio.

Ecco perché abbiamo deciso di parnarne con la dott.ssa Francesca Pozzoli*, che insieme a Sergio Pasquinelli ha di recente pubblicato una ricerca dal titolo “BADANTI DOPO LA PANDEMIA”, promossa tra gli altri dall’Università di Pavia, Acli e con il contributo di Fondazione Cariplo. 

La ricerca analizza com’è cambiato negli ultimi 20 anni il lavoro privato di cura in Italia.

Ecco cosa è emerso durante l’intervista.

Innanzitutto da dove nasce la ricerca, dove e come sono stati raccolti i dati?

Sono stati confrontati i risultati di diverse ricerche fatti negli ultimi 20 anni dall’ IRS l’Istituto per la Ricerca Sociale ha analizzato com’è cambiato il mercato del lavoro domestico in quest’ultimo ventennio.

Per quest’ultima ricerca sono stati intervistati 405 assistenti familiari, attraverso un questionario compilabile sia online o carico negli sportelli badante.

Ricordiamo che la ricerca e scaricabile dal sito www.qualificare.info 

Qual è l’identikit della badante oggi? E com’è cambiata negli anni?

I cambiamenti più lievi che abbiamo registrato è che il lavoro di cura è svolto principalmente da donne straniere, come in passato le badanti sono principalmente donne nel 90% dei casi e 88% straniere. Sono aumentati gli uomini e le italiane.

In merito alle italiane c’è un aumento costante, seppur limitato, già dopo la crisi del 2008, e sono prevalentemente impiegate nelle assistenze diurne a ore.

Per quel che riguarda le straniere si registra una costante presenza di persone provenienti dall’Est Europa. Questo dovuto anche a una maggiore facilità di accesso al nostro Paese, specie dopo l’inserimento della Romania in UE. Si ha qualche difficoltà in più sulle straniere era UE perché sono mancati dei decreti flussi in Italia negli ultimi anni che permettessero un accesso costante di personale straniero di altre nazionalità.

Sono aumentate leggermente le badanti che provengono da Africa e Asia, mentre sono diminuite le sudamericane.

Se andiamo a vedere i cambiamenti più consistenti rispetto ai primi anni 2000 è l’età media delle badanti e il tempo che hanno trascorso in Italia.

Le badanti di oggi sono molto più anziane, nel 2000 l’età media era di 41 anni, oggi è di 49 anni, quelle che hanno più di 50 anni sono più della metà del totale, e più di 1/3 di queste addirittura superano i 60 anni.

Parliamo di un mercato maturo sia perché invecchia, sia perché è meno dinamico, infatti è aumentato anche il numero di anni in cui le badanti stanno in Italia, si è passati da una media di 3 anni a una media di 14 anni.

Questo ha portato un cambiamento di prospettiva, nel 2000 la badante era visto come una professione di passaggio, oggi invece la maggior parte rimane anni a fare la badante. Se questo può essere visto da un lato come Sun blocco dei flussi migratori e della mobilità lavorativa, ma è vero anche che sono cambiate le prospettive delle badanti stesse.

Abbiamo chiesto alle badanti se vogliono continuare oggi a fare questo lavoro: 3 su 4 hanno hanno dichiarato di voler proseguire con questo lavoro o come badante o nel settore del lavoro di cura. 

Anche le nuove arrivate sono più consapevoli di andare a lavorare come badanti, e sono anche più propense a svolgere questa professione.

Questo non succedeva 20 anni fa. Quindi un dato molto interessante: c’è più consapevolezza e più propensione.

Ci sono differenze tra badanti conviventi e quelle diurne?

Sicuramente il primo dato è che le italiane che svolgono questo lavoro sono principalmente in modalità diurna, rispetto alla convivenza.

La convivenza è correlata sia alla nazionalità, sono principalmente dell’Europa dell’Est, sia per anzianità anagrafica, sono più anziane rispetto quelle a ore.

Anche qui c’è una differenza tra i primi anni Duemila, 15 anni fa erano le più giovani a convivere, in attesa di trovare un’altro sbocco professionale. A convivere sono principalmente le badanti più anziane. Un altro dato interessante rispetto alla convivenza è che abbiamo notato un netto calo nella disponibilità alla convivenza, è un’opzione che viene scelta meno, se nel 2006 erano circa 2/3 del totale, non raggiungono il 30%. 

Il lavoro ad ore abbiamo riscontrato che ci sono più badanti che lavorano part time rispetto al full time.

Quali sono i sogni e le ambizioni delle badanti?

Nell’indagine non abbiamo indagato ai sogni in sé, ma il fatto che 3 badanti su 4 dichiarino di voler continuare a lavorare come badanti, al fatto che le nuove arrivate arrivano più consapevoli di voler fare questo lavoro.

Il lavoro di cura viene fatto più per scelta che rassegnazione, come in passato. Abbiamo chiesto alle badanti che lavoro vorrebbero fare, si tratta comunque di professioni di cura.

Sembrano anche soddisfatte sia sul lavoro, sia nei confronti degli assistiti e delle relazioni con le famiglie.

Abbiamo riscontrato un interesse rispetto a questo settore in contro tendenza rispetto al passato.

Diventa difficile capire quali sono le sono le prospettive perché rimane molta incertezza.

Tante badanti che abbiamo intervistato, hanno dichiarato di non sapere quanto rimarranno in Italia. Quindi se da un lato c’è soddisfazione rispetto al lavoro, dall’altra non c’è una chiara progettazione futura, dato anche dall’incertezza del lavoro e delle politiche pubbliche che lo sostengono.

Un altro elemento che riguarda in parte le prospettive delle badanti, in controtendenza rispetto al passato, sono più inclini alla formazione e più consapevoli delle proprie incompetenze. Nei primi anni Duemila non c’era così tanto interesse, ora sì. Per esempio più del 60% ha partecipato a corsi di formazione, principalmente di lingua italiana e in alcuni casi di assistenti familiari.

Possiamo quindi dire che il lavoro di cura da soddisfazione e viene un po’ più scelto. Questo è un fatto importante che sappiano le famiglie, affinché sappiano come interpretare.

In una recente ricerca è emerso che solo il 32% dei caregiver familiari sono interessati a formare le proprie badanti, mentre dall’altra parte c’è un interesse più alto da parte delle badanti.

Sarebbe interessante far incrociare questo tipo di interesse.

Per concludere spendiamo qualche parola sui caregiver familiari, innanzitutto chi sono e qual è la loro qualità di vita?

Faccio una piccola introduzione sul profilo del caregiver: è una persona che in media ha 60 anni, in 7 casi su 10 è una donna, 9 casi su 10 è figlio o coniuge, nella metà dei casi convive con la persona anziana, prestando assistenza quasi tutti i giorni, con un carico di cura importante.

Per quel che riguarda la qualità di vita, il 60% degli intervistati dichiara di dover sacrificare il proprio tempo libero e si sentono soli. Per quanto sono desiderosi e interessati a continuare l’assistenza, si sentono abbandonati, in particolare dall’ente pubblico.

Nonostante tutto prevalgono le famiglie che non utilizzano i servizi pubblici e non sono interessate a farlo. Prevale una sorta di disinformazione, una scarsa conoscenza anche di soluzioni alternative, che li possono aiutare a migliorare la qualità della relazione con l’assistito e anche con la badante.

Di fatto c’è un atteggiamento un po’ chiuso e sospettoso nei confronti delle alternative e dei servizi pubblici. Emerge che è difficile entrare in dinamiche che sono private.

Quindi per quel che riguarda la qualità di vita emergono carichi di cura importanti e di solitudine. Laddove c’è l’interesse a continuare a fare il caregiver familiare, risegnerebbe agire di più per supportare, aiutare questa disponibilità, perché c’è molta fatica.

Abbiamo parlato in altri contributi sul tema di due solitudini: quella della badante e quella del caregiver, che si incrociano, ma non si incontrano. Rileviamo anche una difficoltà dell’ente pubblico a operare interventi a sostegno in questo senso.

Concludendo

Sicuramente per le famiglie è importante capire chi sono realmente le badanti oggi, per compatibilizzare al meglio le proprie esigenze con ciò che realmente si può intercettare a livello di professionisti del settore.

Dall’altro come ultimo punto emerge l’importanza di essere un caregiver consapevole, per garantire una assistenza adeguata al proprio caro, compatibilmente con la propria qualità di vita ed evitare di cadere nella solitudine del caregiver.

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* Francesca Pozzoli è laureata in filosofia, con un Master in politiche sociali e dottoranda in sociologia presso l’Università degli Studi di Milano. Si occupa di politiche di welfare e servizi sociali. In passato ha svolto attività di coordinamento e formazione presso i servizi sociali in Inghilterra. Attualmente collabora come ricercatrice freelance con enti di ricerca privati e associazioni del terzo settore. È esperta, in particolare, di disabilità, non autosufficienza e tematiche afferenti alla personalizzazione dei servizi.

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